Una vita (quasi) senza plastica è possibile?

Ecco i consigli di Enea per ridurre l’impatto ambientale attraverso piccoli gesti quotidiani.

La plastica è un problema enorme e per arginarlo serve l’impegno di tutti. A partire da chi la produce e la utilizza per gli imballaggi. Ma la rivoluzione può anche partire dal basso. Basta seguire poche e semplici regole, riassumibili in quattro imperativi: Privilegia, Usa, Riduci, Evita. A suggerirli è ENEA,l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

Secondo Enea, la lotta alla plastica parte (anche) dalle nostre azioni quotidiane. Gesti semplici che tutti possono fare senza troppi sacrifici. Ecco di cosa si tratta.

Privilegia

Una scelta consapevole dei prodotti che compriamo parte dalla conoscenza di come questi vengono poi smaltiti una volta diventati rifiuti. Secondo questa logica, è meglio privilegiare l’uso di oggetti realizzati in materiali che non ci sopravviveranno, in altre parole biodegradabili, soprattutto se si tratta di prodotti monouso. O magari evitare proprio di utilizzarli, se possibile.

Bisognerebbe dunque privilegiare, ad esempio, l’acqua del rubinetto. Per ogni litro di acqua imbottigliata se ne consumano almeno 5 di acqua di processo e si usano 35 g di plastica, pari a 100 cm3 di petrolio, producendo 80 grammi di CO2. Per trasportare una bottiglia di plastica si consumano mediamente circa 20 cm3 di petrolio con emissione di 48 grammi di CO2. Ogni anno in Italia si consumano 270 litri di acqua minerale pro capite, equivalente a 180 bottiglie da 1,5 litri con un impatto ambientale pari a 22 litri di petrolio, 108 litri d’acqua e 23 kg di CO2.

E se non riuscite a rinunciare alla Moka, sarebbe meglio utilizzare cialde per il caffè compostabili. Sono infatti 10 miliardi le capsule per il caffè in plastica vendute nel mondo. Solo queste in Italia producono circa 120mila tonnellate di rifiuti all’anno. Tutto ciò solo per mettere 5 g di polvere di caffè in un imballaggio monouso.

Molto si può fare anche con l’abbigliamento. Da studi recenti è emerso che per ogni lavaggio in lavatrice si possono scaricare fino a 700mila microfibre, la maggior parte di origine sintetica, che a causa delle dimensioni ridotte non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue e si diffondono nell’ambiente. I tessuti realizzati con le fibre naturali, invece, sono più idonei per l’ambiente in quanto rilasciano quantità inferiori di microfibre ed essendo traspiranti sono più adatti anche per il nostro corpo.

E poi ci sono gli imballaggi. Secondo studi ENEA oltre il 17% del packaging rinvenuto sulle spiagge italiane è costituto da materiale utilizzato per avvolgere cibo. Tra i vari tipi di imballaggi, il packaging multi-materiale è difficilmente riciclabile mentre tra quelli più utilizzati vi è il polistirolo espanso (PSE) che a causa della sua bassa densità, non sempre viene riciclato. A questo proposito, l’ENEA sta sviluppando un processo di solubilizzazione che consente di recuperare il polimero vergine. In ogni caso, la preferenza va a packaging ridotto o biodegradabile, prodotti alla spina e ricariche.

Quando, infine, si arriva inevitabilmente al sacco dell’immondizia, bisogna provvedere a un’opportuna raccolta differenziata. Secondo studi recenti nel 2017 la raccolta differenziata ha registrato un trend positivo con 52,5% (+5% rispetto al 2015), ma siamo comunque in ritardo rispetto all’obiettivo del 65% fissato per il 2012. La raccolta differenziata favorisce il riciclaggio delle plastiche, la riduzione degli impatti sull’ambiente e la sostenibilità economica.

Usa

Enea consiglia di usare contenitori di lunga durata, come quelli in vetro. Se non ciò non fosse possibile, è preferibile usare oggetti in materiale biodegradabile o compostabile come i biopolimeri (ad esempio quelli derivati da zuccheri).

Altra questione importante sono i sacchetti di plastica. Da studi ENEA è emerso che la maggior parte dei frammenti di plastica ritrovati in mare, nei laghi e lungo le spiagge derivano dalla degradazione di sacchetti di polietilene i cui frammenti. Meglio usare quindi shopper bag riutilizzabili, biodegradabili o compostabili.

Attenzione anche ai simboli presenti sugli oggetti di plastica: sulle confezioni di plastica, il nastro di Moebius (le tre frecce che si rincorrono formando un triangolo) è il simbolo della riciclabilità, mentre i numeri presenti al suo interno (da 1 a 7) indicano il polimero utilizzato secondo un codice prestabilito che, in alcuni casi, è accompagnato anche da sigle. Questo può aiutare nella gestione della plastica a fine vita.

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Riduci

Acquisti sì, ma evitare gli sprechi. Soprattutto per quanto riguarda il packaging. Meno prodotti alimentari freschi già confezionati (ortofrutta, pane, formaggi). E anche, se possibile, meno accendini usa e getta. Da studi ENEA è emerso che gli accendini sono presenti nel 42% delle spiagge italiane monitorate. Sono difficili da riciclare perché costituti da più materiali che vivranno molto a lungo. È preferibile utilizzare quelli ricaricabili.

Evita

Qui la lista è lunga, ma non si tratta di grandi sacrifici.

In cima alla lista troviamo i cotton fioc non biodegradabili. I bastoncini per la pulizia delle orecchie gettati nel wc superano gli impianti di depurazione e, attraverso i fiumi, raggiungono il mare. Da una recente ricerca ENEA è emerso che tutte le spiagge italiane sono cosparse di questi bastoncini colorati che si degradano formando microplastiche che rappresentano il 46% degli “oggetti” rinvenuti.  Non solo: lungo le spiagge italiane ne sono stati stimati 100 milioni. Se li mettessimo in fila, raggiungerebbero il centro della Terra. Dal primo gennaio 2019 scatterà il divieto di commercializzare in Italia cotton fioc non biodegradabili.

L’elenco continua con le cannucce per bere, che costituiscono l’1,1% dei rifiuti di plastica trovati sui litorali italiani e sono presenti nel 75% delle spiagge monitorate.

Stop anche all’utilizzo di cosmetici con microplastiche (scrub, creme e dentifrici). Secondo recenti studi europei, ogni anno si usano oltre 4 mila tonnellate di microsfere (microbead), pari a 17,5 mg pro capite ogni giorno, che non vengono trattenute dai depuratori e si riversano totalmente in mare. Oltre il 90% è costituita da polietilene. Recentemente è stata approvata una normativa che ne vieterà l’uso a partire dal 2020.

Da evitare poi i rasoi usa e getta, difficilmente riciclabili poiché assemblati con materiali diversi fra loro. In un anno, rasandoci ogni giorno produciamo 1,65 kg di rifiuti se si utilizzano rasoi usa e getta mentre se si opta per i rasoi ricaricabili, la quantità di rifiuti è 12 volte inferiore (0,14 kg).

Infine, nella lista nera ci sono tutti i prodotti usa e getta. Basti pensare che la goccia di petrolio che serve per creare un bicchiere di plastica,  che si usa per pochi minuti, impiega 70 milioni di anni a formarsi.