Riuso sociale per 450 vecchie stazioni del treno

Gli scali dismessi vengono affidati a enti e associazioni. E lungo i vecchi percorsi nascono le ciclabili.

Che fine fanno le vecchie stazioni ferroviarie dove non si ferma più il treno? Molte sono abbandonate e per queste RFI, il gestore dell’infrastruttura ferroviaria italiana, ha pensato al riuso sociale. Ad oggi sono oltre 450 le stazioni impresenziate affidate a enti locali, fondazioni e associazioni su tutto il territorio nazionale. Un modo per far rivivere strutture che fanno storicamente parte del paesaggio di un Paese che ha sviluppato presto e in maniera capillare una rete ferroviaria.

È il cosiddetto riuso sociale delle stazioni e degli immobili ferroviari per progetti e attività culturali, turistiche, di solidarietà e sostenibilità. Un’attività che viene portata avanti da anni, spesso poco pubblicizzata e le cui migliori esperienze sono state adesso raccolte nel volume “Stazioni Impresenziate. Un riuso sociale del patrimonio ferroviario”, presentato a Milano durante Fa’ la cosa giusta!,la fiera del consumo consapevole e degli stili di vita sostenibili. Il libro raccoglie gli esempi più virtuosi: si tratta di 90 stazioni distribuite in maniera piuttosto omogenea in 18 regioni italiane. Esempi concreti di come l’assegnazione di questi spazi ha generato esperienze con impatti importanti, sul territorio, in ambito sociale. Un nuovo modello di gestione degli immobili che garantisce, tra l’altro, il presenziamento degli edifici e la loro rigenerazione anche in termini di riqualificazione architettonica e decoro.

Tante le attività organizzate negli spazi delle vecchie stazioni: da quelle svolte dalle forze dell’ordine, polizia municipale e protezione civile, a quelle dedicate ai giovani, alla cultura e allo sport, alle quali si aggiungono i progetti di promozione del turismo, protezione dell’ambiente e tutela dei diritti e della solidarietà.

Il progetto per far rivivere le stazioni abbandonate rientra negli obiettivi definiti con il Piano industriale 2017-2026 del Gruppo FS Italiane, che vede nel riuso sociale del patrimonio dismesso una delle leve per rivitalizzare le stazioni e riportarle al centro dell’interesse del territorio oltre che dei viaggiatori. Attualmente il Gruppo FS Italiane impegna in chiave sociale un patrimonio immobiliare di 90mila metri quadrati.

Ma la questione non è solo sociale, è anche turistica. Uno slow tourism, ovviamente, che spesso si sposa con l’ecoturismo. Nel corso di Fa’ la cosa giusta si è anche parlato, infatti, dell’Atlante di viaggio lungo le ferrovie dismesse, una raccolta dei tracciati ferroviari dismessi da riconvertire in percorsi ciclopedonali, cammini e greenways a beneficio della mobilità sostenibile e della valorizzazione turistica del patrimonio naturale, storico e paesaggistico del Paese.