Rifiuti edili, in Italia solo il 10% viene riciclato

Tra burocrazia e concorrenza sleale, l’economia circolare del settore costruzioni stenta a decollare. Ma cambiare è possibile.

L’economia circolare nel settore edilizio, in Italia, è ferma ai blocchi di partenza. Il ciclo di vita dei materiali si scontra contro il muro delle demolizioni, con il 90% dei rifiuti, dai mattoni alle tubature, che finisce in discarica. Il quadro è emerso durante il convegno “Edilizia e Infrastrutture: i rifiuti come materie prime”, tenutosi la settimana scorsa alla Camera dei Deputati e organizzato dalla Commissione Bicamerale d’inchiesta sui rifiuti e dal Centro Materia Rinnovabile.

Un problema per nulla marginale, considerato che un terzo dei rifiuti speciali è composto da quelli edili provenienti da demolizione. Il paragone con il resto d’Europa è impietoso: se in Olanda il tasso di recupero è al 90%, in Italia il rapporto, secondo i dati di Legambiente, è ribaltato: solo il 10%.

Eppure i dati ufficiali di Eurostat, fermi al 2012, dicono ben altro. Parlano di un tasso di recupero del 70%, ma – secondo quanto emerso nel corso del convegno – si basano su una stima del totale dei materiali movimentati che potrebbe essere decisamente sottostimata, in quanto non conta il mondo del sommerso.

“Dal momento che oggi le discariche dove conferire i rifiuti da demolizione e costruzione quasi non esistono più, i clienti del centro di recupero che chiude, non sapendo più dove portare i rifiuti, li abbandonano letteralmente per strada”, spiega Stefano Cicerani, ex segretario generale di Anpar (Associazione nazionale produttori aggregati riciclati).

Per rivoluzionare il sistema occorrerebbe superare tre problemi. Il primo riguarda la burocrazia: da una parte la complessa procedura a monte del censimento dei rifiuti da costruzione e demolizione, con regole che cambiano in base alla tipologia di impresa, dall’altra il fatto che i rifiuti edili che vengono riutilizzati necessitano di analisi il cui costo, soprattutto per le piccole imprese, è decisamente maggiore rispetto al semplice conferimento in discarica. E poi c’è la questione della concorrenza sleale da parte delle aziende che lavorano in nero, che oltre a eludere il fisco e i costi per la sicurezza, alimentano il mondo delle discariche illegali, nonché la competizione con le migliaia di cave che estraggono materie prime a buon mercato.

Ostacoli importanti, ma non insormontabili, spiegano le organizzazioni di settore presenti al convegno. Una proposta potrebbe essere quella di utilizzare i macchinari di lavorazione degli inerti presenti nelle 4.800 cave attive, per trattare e trasformare i materiali che vengono dalle demolizioni del settore edile. Oltre a ciò, sarebbe anche possibile lavorare alla creazione di un network tra le imprese della filiera per collaborare alle soluzioni tecniche, per coordinarsi sulle razionalizzazioni economiche e sull’adeguamento normativo, indispensabile per dare slancio all’economia circolare, a partire dai decreti end of waste e dalla loro applicazione uniforme sul territorio nazionale.

“L’incontro – spiegano dal Centro Materia Rinnovabile – va visto come l’avvio di un processo virtuoso che dovrà portare a sanare questa falla nel nostro sistema di recupero dei rifiuti e intraprendere un necessario rilancio del settore in chiave di economia circolare”.

Guarda il video del convegno sulla Web TV della Camera