L’industria europea deve ripartire dall’economia circolare

Se ne è parlato al Financial Times Circular Economy Summit a Londra. Per l’Italia presente Catia Bastoli, ad di Novamont.

Parola d’ordine: reindustrializzazione. È quello che è emerso nel corso del Financial Times Circular Economy Summit appena concluso a Londra. L’evento ha permesso di analizzare come le imprese stanno trasformando i cicli di vita dei prodotti e le loro infrastrutture organizzative per diventare più sostenibili, con un doppio focus sulla responsabilità ambientale e il valore commerciale.

Il passaggio all’economia circolare “è nel nostro interesse e in quello dei nostri cittadini. È una soluzione ovvia alla carenza di risorse naturali e chiaramente è ciò di cui l’ambiente ha bisogno. In una parola, è il futuro”, ha dichiarato Karmenu Vella, commissario europeo all’Ambiente, nel suo intervento al Ft Circular Economy Summit. L’economia circolare “ha bisogno di investimenti e in questo senso la finanza è uno dei fattori principali di questa transizione. Abbiamo bisogno di importanti investimenti per facilitare ad esempio la transizione energetica e procedere verso un futuro a basse emissioni di anidride carbonica”.

Il commissario Ue ha inoltre sottolineato che il modello dell’economia circolare, nelle aree e dalle imprese dalle quali è stato adottato, “funziona. E questo mi rende fiducioso che l’economia circolare effettivamente prenderà piede”.

Per Vella uno dei fattori principali di questa transizione è il design dei prodotti, “che significa evitare i problemi prima che si presentino”. Cosa che “non riguarda la sola efficienza energetica, ma il futuro riciclo dei prodotti, la riparazione e la durata della loro vita”.

Per Catia Bastoli, amministratore delegato di Novamont, presente al Summit, è necessario “ripartire e re-industrializzare” l’Europa. Ma per farlo servono “nuovi modelli”, come l’economia circolare. In questo modo, sarà possibile “ri-ottimizzare e sviluppare i siti deindustrializzati, utilizzando tecnologie a basso impatto e fortemente innovative che siano collegate con i territori e con la loro cultura, con le materie prime e gli scarti del territorio”.

Fonte: Financial Times