Green Carpet Challenge: la moda si sfida a colpi di sostenibilità

In un mondo che fa i conti con la limitatezza delle sue risorse, anche l’estetica non può essere una questione frivola.

Grazie ad Eco-Age, una società di consulenza londinese, sui tappeti rossi oggi vince chi ha l’outfit più sostenibile. Green Carpet Challenge, la “Sfida del Tappeto Verde”, è la punta di diamante: un’occasione preziosa per sensibilizzare sull’impatto dell’industria della moda quando ha più occhi, e flash, puntati addosso.

Fondata da Livia Giuggioli, moglie del noto attore Colin Firth, e da suo fratello Nicola nel 2008, Eco-Age è stata la prima piattaforma nel suo genere. Mettere creatività e comunicazione a servizio delle aziende che vogliano unire glamour ed etica in nome della sostenibilità: questa la mission aziendale.

Ad operare sono quattro divisioni, la Green Carpet Challenge® (GCC), la GCC Brandmark, Eco-Age Futures e la GCC Global Leaders of Change. Influencer e celebrity di fama mondiale hanno già aderito all’iniziativa – solo per citarne alcune Meryl Streep, Marion Cotillard ed Emma Watson – e con questi firme celebri del livello di Adidas, Gucci, Chopard e Tod’s.

Il tema della sostenibilità nella supply-chain dell’industria della moda è oggetto di grande discussione: la diffusione dei brand low cost di abbigliamento ha promosso una sempre più sfrenata corsa all’acquisto del capo trend del momento. Una tendenza che certo non contribuisce alla creazione di un consumatore più consapevole.

Un documentario francese intitolato “The true cost” – “Il vero prezzo”, uscito nel maggio 2015 con la regia di Andrew Morgan e la coproduzione della stessa Livia, ha provato a svelare cosa ci sia dietro ad una maglietta pagata pochi euro nel centro commerciale non lontano da casa nostra. Non dovrebbe poi sorprenderci troppo che si tratti di una donna in Bangladesh pagata meno di due euro al giorno e di una fabbrica tessile che sversa rifiuti chimici nelle acque usate poi dai contadini locali. The true cost è diventato un piccolo caso cinematografico: la visione non lascia indifferenti.

Un costo minimo per noi è un costo troppo gravoso dall’altra parte del mondo; e non si parla solo di impatto economico, ma anche sociale ed ambientale.

Ecco il decalogo di requisiti che Eco-Age ha stilato per valutare la sostenibilità di un brand. Premio, il riconoscimento dalla GCC Brandmark:

  1. Trasparenza nell’operato
  2. Nessun ricorso a lavoro minorile
  3. Condizioni di lavoro adeguate
  4. Creazione di valore per la comunità
  5. Tracciabilità della supply-chain
  6. Riduzione nell’uso delle risorse
  7. Ricorso al riuso e al riciclo
  8. Minimizzazione dell’inquinamento
  9. Corretta gestione dei rifiuti
  10. Tutela degli animali

La sostenibilità, per fortuna, comincia ad andare di moda.

Articolo realizzato da: Agnese Metitieri