Grandi imprese: ok alla comunicazione di performance ambientali e sociali

Dal 2017 via alla rendicontazione non finanziaria. L’approfondimento di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

Ambiente e cambiamenti climatici diventano sempre di più una preoccupazione per le imprese. Secondo il 12° Global Risks Report 2017 del World Economic Forum, nel 2017 quattro delle cinque principali minacce globali sono il fallimento delle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, crisi idriche, eventi meteorologici estremi e disastri naturali. A farlo emergere, in Italia, è la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

Secondo la fondazione, il ruolo dello Stato è centrale nel disegno di politiche pubbliche che introducano strumenti più sofisticati di misurazione delle componenti della ricchezza di un Paese, attraverso una più capillare raccolta dei dati e lo sviluppo di migliori modelli di analisi, finalizzati a sviluppare piani di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici che tutelino e coinvolgano il sistema produttivo.

In questa direzione va il decreto legislativo 254/2016, di Attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni.

Il provvedimento prevede l’obbligo di presentare una dichiarazione individuale di carattere non finanziario per le imprese di interesse pubblico che abbiano avuto, in media, durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 e, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro.

Il Decreto prevede, inoltre, che anche tutte le altre imprese non sottoposte all’obbligo possano presentare una dichiarazione di carattere non finanziario in forma volontaria sugli ambiti indicati nell’art.3 del Decreto, prevedendo per le PMI forme semplificate. Infatti, le dichiarazioni delle imprese con meno di 250 dipendenti, a differenze delle altre, possono essere considerate in conformità con la normativa senza soggiacere alle disposizioni sui controlli.

In relazione ai contenuti che le imprese sono chiamate a comunicare, il Decreto recepisce completamente la Direttiva 2014/95/UE che prevede che la dichiarazione non finanziaria debba riguardare i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono ritenuti rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa.

In particolare, la dichiarazione, a prescindere dagli standard adottati, deve contenere almeno le seguenti informazioni (lasciando quindi alle imprese la libertà anche di allargare il perimetro di rendicontazione):

  • l’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche;
  • le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera;
  • l’impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull’ambiente nonché sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio o ad altri rilevanti fattori di rischio ambientale e sanitario;
  • aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le parti sociali;
  • rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonché le azioni poste in essere per impedire atteggiamenti ed azioni comunque discriminatori;
  • lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati.

“Il provvedimento – commenta la Fondazione – è sicuramente un passo avanti positivo per spingere il sistema produttivo e imprenditoriale verso una migliore qualità ambientale e sociale. Esso presenta ancora molti margini di approfondimento dell’impegno chiesto alle imprese di rendicontare, e quindi – cosa più importante – di mettere in campo, concretamente, iniziative di green economy. Esso avrà raggiunto, infatti, dei risultati, solo se non verrà interpretato come un ulteriore “laccio” da parte delle imprese ma diventi uno stimolo a fare di più per migliorare le proprie performance ambientali e per rafforzare il ruolo dell’impresa nella società.”

“Ci auspichiamo – conclude la Fondazione – che dopo una prima fase di “rodaggio” esso possa essere aggiornato e rafforzato alla luce dei risultati ottenuti. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi e impegni assunti con l’Accordo di Parigi sarà necessario infatti uno sforzo complessivo del sistema economico e finanziario di cui le imprese sono un soggetto decisivo.”

Consulta l’approfondimento di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile