E se le isole minori diventassero laboratori di sostenibilità?

La proposta di Legambiente, che analizza le criticità e le potenzialità delle piccole isole italiane.

E se l’economia circolare e la sostenibilità partissero proprio dagli ecosistemi più fragili, le isole cosiddette “minori”, quelle in cui magari stiamo passando le vacanze? Parliamo di Capraia, Capri, Levanzo, Favignana, Marettimo, l’Isola del Giglio, le Tremiti, Lampedusa, Linosa, Pantelleria, Salina, Lipari, Stromboli, Panarea, Vulcano, Alicudi, Filicudi, Ponza, Ventotene e Ustica. Un lungo elenco, perché poi tante sono le isole minori italiane, messo sotto la lente di ingrandimento di Legambiente nel secondo Rapporto del suo Osservatorio sulle isole minori, che affronta la sostenibilità in tutti i suoi aspetti, dalla gestione dell’energia all’economia circolare, passando per acqua e mobilità. Per l’associazione del cigno, questi temi costituiscono le sfide ambientali più urgenti per l’intero pianeta e rispetto ai quali queste isole, abitate e non interconnesse con la rete elettrica, rappresentano un laboratorio ideale.

Il rapporto parte da obiettivi ambiziosi: rendere possibile un modello energetico al 100% dipendente da fonti rinnovabili, puntare alla chiusura del ciclo dei materiali, realizzare un modello virtuoso di gestione delle risorse idriche.

Sulle isole, infatti, avere un modello energetico dove dialogano impianti solari e da altre fonti pulite, sistemi efficienti e di accumulo, smart grid e auto elettriche, può consentire di valorizzare al massimo le risorse rinnovabili disponibili e di chiudere le vecchie centrali inquinanti e l’approvvigionamento di fonti fossili dalla terraferma. Il problema è che oggi ci sono grossi ritardi rispetto al resto d’Italia. Per quanto ognuna di queste isole avrebbe potenzialità di produzione da rinnovabili particolarmente elevate, nessuna raggiunge il 4% dei consumi elettrici soddisfatto da rinnovabili mentre il resto d’Italia supera il 32%. Rispetto al 2017 non si registrano nuovi impianti da rinnovabili. Per le 20 isole, la media della copertura del fabbisogno con fonti energetiche rinnovabili è inferiore all’1%. L’eolico è presente solo a Pantelleria con due micro generatori.

La grande priorità, in territori così piccoli, è quella della gestione dei rifiuti. E qui arrivano le vere note dolenti. I numeri della differenziata sono bassi e l’unica soluzione adottata è il trasferimento dei rifiuti via nave. La raccolta differenziata si attesta in media sul 29% e potrebbe essere raddoppiata, anche con sistemi di raccolta e riciclo in loco per alcune filiere. Solo Pantelleria, Ventotene e Capri superavano nel 2016 la media nazionale del 52,5%. Complessivamente, nel periodo 2010-2016, i tonnellaggi di raccolta differenziata sulle isole minori sono cresciuti del 34% e del 14% l’incidenza della differenziata sul totale dei rifiuti. Una delle voci più elevate dei bilanci delle amministrazioni è sicuramente il trasporto dei rifiuti indifferenziati verso la terraferma, che si aggiunge ai costi di smaltimento.

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E poi ci sono gli sprechi idrici, con perdite di rete che sono in media del 40%. Tre quarti delle isole minori italiane, inoltre, non ha alcun sistema di trattamento delle acque reflue, e laddove esiste si è ben lontani da una gestione ottimale. Dalle dossier risulta che 12 isole su 20 (60%) fanno ancora totalmente o parzialmente affidamento alle navi cisterna per il rifornimento di acqua potabile e non, un servizio che le Regioni pagano a prezzo altissimo ai trasportatori. Rifornire di acqua via nave le Isole Tremiti, ad esempio, costa circa 1 milione e 900 mila euro all’anno alla Regione Puglia, 6750 euro al giorno, 10 euro per metro cubo, pari a 17 volte il costo medio nazionale del servizio idrico (0,60 € per metro cubo).

La proposta di Legambiente è quella di creare, presso il ministero dell’Ambiente, una cabina di regia per accompagnare ogni isola nella realizzazione degli obiettivi che riguardano l’energia, i rifiuti, l’acqua, la mobilità sostenibile. Propone, inoltre, che ogni isola elabori un piano per il clima e la sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di approfondire e individuare le soluzioni per arrivare a un modello energetico incentrato sulle fonti rinnovabili e per una corretta gestione circolare del ciclo dell’acqua e dei rifiuti.

Il rapporto, e la relativa proposta, di Legambiente prende spunto da altre esperienze internazionali. Sono 32 le isole che, dal Pacifico all’Atlantico, dal Mare del Nord all’Australia, puntano a uno scenario al 100% rinnovabile e i cui risultati sono stati raggiunti valorizzando le risorse naturali locali e stimolando le economie del territorio, coinvolgendo le comunità di residenti. Dalle isole scozzesi Orkney Islands, Eigg, Muck e Gigha (Scozia), alle danesi Samso e Bornholm, passando per Pellworm (Germania), Bonaire (Paesi Bassi), Aruba (Paesi Bassi), Tilos (Grecia), El Hierro (Spagna), Graciosa (Portogallo), fino a Capo Verde, La Réunion (Francia), Mauritius, Mahé Island (Seychelles), Green Island nelle Filippine, Sumba (Indonesia), Cook Islands (Fiji), Lakeba, Kadavu e Rotuma (Fiji), Beqa Island (Fiji), Tokelau (Nuova Zelanda), Funafuti e Vaitupu (Tuvalu), Vava’u (Tonga), King Island (Australia), Ta’u (Samoa americane), Upolu (Samoa), Kodiak (USA), Virgin Islands (USA), Hawaii (USA), Repubblica Dominicana e Guadalupa.

Scarica il Rapporto Isole Sostenibili 2018 di Legambiente