Da rifiuto ad arte: le infradito che rinascono dall’oceano

Estate, tempo di infradito. Vi viene forse in mente un oggetto che si abbini meglio ad un costume in spiaggia? Queste celebri ciabatte di plastica sono ormai un must al mare.

Non a caso, al mare. È il 1998 quando Ocean Sole, un’impresa sociale per la tutela ambientale, si accorge di una silenziosa e trascurata crisi ambientale in Kenya. Le spiagge sono ridotte a discarica di rifiuti plastici: fonte principale, le suddette ‘flip-flop‘, che a latitudini diverse dalle nostre sono spesso le uniche scarpe possedute dal cittadino medio. Per essere più precisi, sono ad oggi oltre 3 miliardi le persone che possiedono come calzature un solo paio di infradito.

Da Ocean Sole hanno deciso di affrontare la crisi in maniera alternativa. L’iniziativa si chiama ‘Flip the Flop’, un gioco di parole traducibile con ‘Rovescia il danno’ e punta a “pulire la terra mettendo in luce la questione delle flip-flop un’opera d’arte alla volta”. Le infradito recuperate, circa 300 kg di materiale accumulato ogni giorno, vengono lavorate e poi riusate come base per la creazione di oggetti d’arte. Giraffe, elefanti, tartarughe: la plastica riciclata assume le forme della natura, ma in colori psichedelici.

Il business creato da Ocean Sole, chiudendo il cerchio grazie alle opere di circa 50 artisti, ha permesso il riciclo di circa 400mila infradito l’anno e la divulgazione sul tema dell’inquinamento delle acque verso oltre 6mila persone, oltre alla vendita di questi pezzi d’arte alternativa in tutto il mondo.

Uno sguardo più approfondito al contesto, da dati riportati sul sito dell’azienda kenyota, consente di farsi un’idea del reale impatto di un’azione del genere: una fabbrica di dimensioni medie con sede in Kenya, affidandosi per la produzione a fonti energetiche tradizionali e inquinanti e a lavoro sottopagato, immette sul mercato circa 100mila paia di ciabatte infradito al giorno. Ciò equivale a 3,65 milioni di paia all’anno!

Un numero incredibile, vero? Ocean Sole non sta solo a guardare e prova a dare un nuovo senso a quel materiale altamente inquinante. Prova a ‘rovesciare il danno’!

Articolo realizzato da: Agnese Metitieri