Chi fermerà la plastica? Non il riciclo. O, almeno, non da solo.

L’allarme lanciato da Greenpeace, che pubblica un report sugli imballaggi.

L’economia circolare è fondamentale, ma a volte non è abbastanza per fermare l’inquinamento. A sostenerlo è il rapporto “Plastica: il riciclo non basta. Produzione, immissione al consumo e riciclo della plastica in Italia” redatto dalla Scuola agraria del Parco di Monza per conto di Greenpeace. Nel report si analizza la situazione relativa alla sola plastica da imballaggi e all’efficacia del sistema di riciclo in Italia.

Secondo gli ultimi dati disponibili (2017) di Corepla, il consorzio di filiera che si occupa della raccolta e del riciclo degli imballaggi in plastica, del packaging immesso sul mercato solo il 40 per cento viene riciclato, mentre un altro 40 per cento viene bruciato negli inceneritori e il restante 20 per cento finisce in discarica o disperso nell’ambiente.

L’Italia è al secondo posto, dopo la Germania, per plastica prodotta. Ogni anno vengono immesse, secondo il report di Greenpeace, tra 6 e 7 milioni di tonnellate. Il 40 per cento di tutta la plastica prodotta, esattamente come avviene nel resto del mondo, viene impiegata per la produzione di imballaggi, con un tempo di utilizzo che può variare dai pochi secondi (una cannuccia) ad alcuni minuti (la bottiglia di una bibita). Il problema è che se questi oggetti vengono dispersi in mare, possono impiegare secoli per degradarsi.

Il ragionamento è fatto solo sulle plastiche destinate agli imballaggi, per le quali esiste un sistema organizzato per il recupero, in base al principio della Responsabilità Estesa dal Produttore, ovvero i produttori coprono per legge i costi di raccolta e riciclo. Difficile dire cosa accada nel settore delle plastiche non da imballaggio, i cui tassi di riciclo dovrebbero essere inferiori, come indica anche un recente rapporto della OCSE citato da Greenpeace.

Non perdere nessuna news!
Iscriviti al nostro ECObot di Facebook Italiano! 🇮🇹

Niente spam! La odiamo quanto voi

Dal 2014 al 2017 il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica è cresciuto di 5 punti percentuali, passando dal 38 per cento al 43 per cento. Una crescita che però non è riuscita ad arginare l’aumento dei consumi della plastica monouso. Le tonnellate di imballaggi non riciclati sono infatti rimaste sostanzialmente invariate dal 2014 (1,292 milioni di tonnellate) al 2017 (1,284 milioni di tonnellate).

Il tasso di riciclo è destinato ad aumentare, complici anche il consolidamento di meccanismi come la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), i crescenti impegni volontari da parte delle aziende ad introdurre contenuti minimi di plastica riciclata negli imballaggi e la possibile introduzione di sistemi di deposito su cauzione (DRS, Deposit Refund System), già adottati in altre nazioni europee (come Norvegia e Danimarca).

Basterà tutto ciò? Secondo Greenpeace no. Troppo difficile colmare le enormi differenze tra i quantitativi di imballaggi immessi al consumo e quelli effettivamente riciclati. Servono, secondo l’associazione, interventi drastici e risolutivi che agiscano alla radice del problema. La soluzione, in particolare, è una forte riduzione del ricorso alla plastica monouso, riprogettando gli imballaggi in modo tale che durino di più e siano riutilizzabili.

Leggi il report completo